mente che esiste una componente emozionale dei rapporti umani. Secondo me sarebbe sbagliato ignorare i contributi dei classici, almeno per quel tanto che ci possono insegnare. Ancora oggi la concezione platonica dell'importanza della funzione individuale si ritrova implicitamente nei test attitudinali e nei loro derivati, come ad esempio gli schemi di annessione all'esercito2 • La mia obiezione ai pensatori qui classificati come romantici è che essi sono stati geniali nel maneggiare gli impulsi emozionali inconsci, ma non altrettanto nel comprenderli. È forse per questa ragione che il Cristianesimo ha tutta l'aria, come dice Fh.igel, di non avere «una meta adeguata e positiva per chi voglia tentare una trasformazione sociale e politica», e di avere inoltre «un atteggiamento di indifferenza verso i grandi problemi sociali»3 • I cenni agli avvenimenti esterni sembrano quasi sempre fatti non dal punto di vista di chi auspica dei cambiamenti, ma piuttosto di chi vuol dare un sistema di riferimento entro il quale l'individuo deve mettere a punto i suoi rivolgimenti interni. La critica di Fhigel che non ci si è occupati abbastanza dell'individuo aggressivo e dominante sembra trovare conferma nella storia del nostro tempo. Niebuhr, per parte sua, criticando Nietzsche, dubita che si possa attribuire un qualsiasi valore a un senso di vitalità fondato sullo scatenarsi di impulsi aggressivi. Questa sembra una presa di posizione tipica del modo di vedere liberale e ottimistico, per il quale emozione e ragione armonizzano facilmente tra loro. Con le sue riflessioni ulteriori, d'altra parte, Niebuhr lascia la spiacevole sensazione che in un mondo liberale vi sia posto solo per un arido intellettualismo. A mio parere, quando l'uomo tenta di regolare con leggi i rapporti esterni, ci riesce abbastanza bene, fallisce invece quando deve trovare il modo di padroneggiare le tensioni emotive sottese ai rapporti umani. Eppure.sono proprio queste tensioni inconsce primarie il problema fonda143
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