in verità tutto quello che ci resta da sperare, per reclamare il nostro diritto alla gloria, e per poter conservare ancora qualche speranza per il futuro. Quarant'anni fa la civiltà esibiva un volto quasi benigno, se guardiamo le cose dal nostro punto di vista strettamente personale: eppure persino noi che viviamo in una nazione che non è mai stata invasa possiamo testimoniare di aver subìto catastrofi personali e sofferenze che erano assolutamente imprevedibili nel 1907. In questo lasso di tempo sono stati fatti passi da gigante nel campo del progresso tecnologico. Quarant'anni fa la Manica non era stata ancora trasvolata, vent'anni fa la radio era appena agli inizi. È probabilmente vera l'affermazione per cui oggi l'uomo è più esperto di quanto non fosse quarant'anni fa nel manipolare qualsiasi cosa, da un aereo alla massa dei suoi simili. Ci sarebbe molto da imparare se tutti noi che siamo convenuti qui mettessimo a confronto le esperienze che abbiamo accumulato in questo arco di tempo, mettendo in risalto prima lo sviluppo dei comforts -frigoriferi, auto, radio, ecc. - e poi tutto quello che ognuno di noi ha perso in termini di felicità domestica. Se gli psicologi qui presenti potessero esaminare il materiale raccolto in tal modo, ne trarrebbero probabilmente molte informazioni sorprendenti e preziose. Se mi trovassi a dire che negli ultimi quarant'anni importanti progressi tecnologici sono andati di pari passo con un notevole aumento dell'infelicità umana, molti sarebbero d'accordo con me. Ma altrettanto bene potrei dire che i progressi tecnologici, così come le catastrofi, non hanno avuto alcun effetto di tipo depressivo su quanti sono sopravvissuti; ed è significativo che l'una o l'altra di queste opinioni possa essere sostenuta, e delle azioni basate su di essa, senza che venga mai addotta alcuna prova che tale opinione sia fondata sui fatti. È così che di solito vanno le cose in politica, in economia e nei rapporti internazionali. C'è bisogno di un marchingegno che vada alla 141
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