Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

nulla di quello che passava loro per la mente, non sono in grado di suggerire alcunché circa le cause dell'insuccesso. Alcuni sviluppi che si ebbero in seguito, in particolare le Unità di reinserimento civile istituite dal Ministero della guerra, mi fecero capire che questo esperimento era come una reazione a catena, e aveva quindi in sé i requisiti per propagarsi. Divenne anche chiaro però che nelle dinamiche inconsce di un gruppo c'era qualcosa che rendeva il gruppo stesso particolarmente reattivo a qualsiasi tipo di indagine sulle sue tensioni emotive interne. Questa reattività si manifestava soprattutto tra gli appartenenti a quella classe sociale che Toynbee1 definisce «minoranza dominante». «La civiltà in crisi- egli dice- paga il prezzo del suo calo di vitalità disgregandosi in una minoranza dominante, che esercita il potere opprimendo sempre di più e guidando sempre di meno, e in un proletariato (interno ed esterno) che risponde a questa sfida prendendo coscienza di avere un'anima, e truccando la sua mente pur di tenere in vita questa sua anima». In seguito parlerò ancora della minoranza dominante. Quel che ho detto finora potrebbe far pensare che quando parlo di crisi io alluda all'ultima guerra, ma non è così. Consideriamo brevemente alcuni degli avvenimenti di cui gli uom1ni e le donne della mia generazione sono stati testimoni negli ultimi quarant'anni. In questo periodo Russia e Stati Uniti sono assurti all'egemonia mondiale. L'Impero Britannico non esiste più: al suo posto è sorta una federazione lasca la cui esatta natura non si chiarirà probabilmente ancora per molti anni. La Germania, dopo aver conquistato un potere immenso, oggi appare annientata. In questo stesso arco di tempo il genere umano ha toccato abissi di barbarie tali che assicureranno di certo alla nostra epoca un posto nella storia, come quella in cui tutte le bestialità del passato sono state superate in un colpo solo. Che questo primato non venga mai superato, è 140

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