Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

tanto vissuto e operato e che ormai si sente prossimo alla fine della vita. L'errore e l'opera Le ultime vicende, i nuovi pensieri, lungi dal conciliarlo col mondo, avevano provocato a Croce come un senso di precarietà, di impazienza intellettuale. E quella sicurezza che, in altri tempi difficili, aveva esibito, adesso si adombrava. E si accentuava il sospetto verso qualsiasi filosofia che pretendesse di contenere il mondo in un «sistema», compresa la sua. Forse, proprio tale incertezza gli aveva ispirato quell'ultima «pagina sconosciuta» in cui Hegel cominciava a diffidare di se stesso e a sentirsi «spaurito», inappagato, tormentato dallo scoraggiante pensiero che forse bisognava ricominciare tutto da capo: Ma quando a un uomo di pensiero si dice che nel pensiero, nel quale egli riposava come in una verità, si è introdotto un errore, o di ciò gli si suscita il sospetto, come si può poi addormentare in lui il pungolo del rimorso e far che egli conviva, senza disamina e senza correzione o confutazione, con quell'errore?95 L'«errore» consisteva nell'aver creduto che la realtà, la «vita», potesse essere fino in fondo compresa e posseduta dal pensiero. E se Hegel, colto dalla morte, non aveva fatto in tempo a togliersi quel cruccio, Croce, invece, non voleva sottrarsi ad un motivo che lo avrebbe senz'altro condotto a ricominciare il suo percorso filosofico. In un saggio di poco successivo alla conclusione del conflitto, egli evocava la figura dell'Anticristo, sovvertitore supremo di ordini e armonie, nemico di quelle "Provvidenze" che reggono il mondo già fatto, irriducibile e pe127

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