Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

da cittadino disciplinato) e l'istanza morale (che lo portava a dubitare - secondo questa recente versione delle sue posizioni di allora - dei fini e delle «ragioni» che muovevano il conflitto) non poteva più essere sopportato. Croce non poteva non riconoscere che questa guerra cui i cittadini italiani erano stati chiamati si era abbattuta come un evento catastrofico che, in nessun modo (politico o morale), poteva essere giustificato. E non devono suggerire sospetti di bizantinismo o di opportunismo le argomentazioni che espone stendendo, nell'ottobre del 1943, il manifesto per la chiamata dei volontari napoletani contro l'esercito tedesco: C'era in Italia, nell'anima degli italiani, gia m corso una dualità di guerre; una guerra condotta dal fascismo e un'altra che proseguiva tenace lo spirito del Risorgimento: la prima, in apparenza legale ma odiosa, l'altra cara al cuore d'ogni vero italiano[...] La seconda guerra, che era prima nei nostri cuori, è ora fatta legale, rendendo illegale e delittuosa quella dichiarata dal fascismo84 • Il giudizio di Croce sulla seconda guerra mondiale si farà più esplicito negli anni successivi, quando avrà modo di meditare senza più essere turbato dall'incalzare degli eventi. La fine della civiltà si intitola significativamente un ben noto saggio del 1946 (compreso in Filosofia e storiografia). Qui Croce ricorda come durante e dopo la seconda guerra mondiale si sia «fatta viva dappertutto la stringente inquietudine di una fine che si prepara, e che potrebbe nei prossimi tempi attuarsi, della civiltà o, per designarla col nome della sua rappresentante storica e del suo simbolo, della civiltà europea»85 • Si condivideva il presentimento tragico di una «fine» perché gli ultimi eventi erano stati davvero inauditi e mai, neppure nelle epoche di violenza e barbarie che segnarono il passaggio dal mondo greco-romano a quello medievale, il mondo 123

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