Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

essendo riferibile a una propria categoria o ideale69 • Precedentemente, la sua «intelligenza» di storico aveva potuto far ricorso al Machiavelli o all'abate Galiani e discernere le strategie razionali che guidano i conflitti; adesso la guerra gli appare come una febbre che periodicamente si accende nelle vene degli uomini e nel cui decorso individui e popoli, quali che siano le loro qualità e l'elevatezza del loro grado, lottano per sopraffarsi l'un l'altro e per distruggersi. Le vicende di questa lotta possono essere seguite, da chi le guarda distaccato e da lontano o le legge nei libri, con viva partecipazione dell'immaginazione e della commozione, pari o più forte di quella con cui si assiste agli spettacoli da circo o da palestra o da cinematografo; ma sostanzialmente si riducono a un monotono battere e essere battuti, ove ha gran giuoco la fortuna e che non è riducibile a configurazione storica, perché il nesso ossia la logica e il significato storico si ritrova altrove70 • In ogni caso, Croce è ancor più convinto che la guerra non può essere soppressa nel mondo e che bisogna tenersi pronti all'uopo come si tengono pronti medici e farmaci e strumenti chirurgici per una malattia che può sempre ricominciare71 • La guerra è un morbo, una «febbre», fa parte della fisiologia (o, meglio, della patologia) umana e l'utopia della «pace perpetua» è una perpetua utopia che non avrà mai luogo nella storia perché «la molla della vita umana è nel dolore e nel pericolo»72 • Anche se non dimentico di questa tragica realtà della vita, Croce rigetta quelle ideologie che avevano inteso il conflitto come una necessità ideale: «quello che certamente si dovrebbe e si può fare, agevolati dalle lezioni dell'esperienza, è di sgombrare dalle men119

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