Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

possibile avvertire un registro diverso da quello adoperato nel periodo tra le due guerre. È come se quello sguardo gettato verso l'oscuro «Regno delle Madri» avesse voluto indugiare e immergersi nelle profondità. Il nuovo registro con cui Croce affronta il problema della guerra non è più politico. Anche i termini che nominano il conflitto tra forze morali e forze vitali non sono più estratti dal lessico politico come nelle Pagine sulla guerra. Adesso si parla dell'eterna lotta tra il bene e il male. Sia in Il carattere della filosofia moderna (I940) che nei saggi che compongono i Discorsi di varia filosofia (1943) si intravede una nuova coloritura delle sue riflessioni, una diversa tonalità del linguaggio. Le argomentazioni, a dire il vero, non sono sostanzialmente diverse da quelle che già conosciamo: Croce insiste ancora nell'affermare che non esiste vita senza lotta (ché sarebbe «una vita senza vita»65): continua- come un tempo - la sua polemica contro «utopisti, pessimisti, scettici, che vanno perpetuamente in cerca di un bene senza compagnia di male»66; come storico non vuole rinunciare all'azione per dedicarsi agli ozi speculativi e, ancora, esorta a «passare dalla passività di soffrire all'attività del fare»67 Ritroviamo, insomma, motivi già frequentati. Ma c'è una differenza, forse notevole. La guerra, intanto, non apre più «le vie dell'avvenire», non è più «religiosa ecatombe» e non c'è più indignazione per chi la definiva come «resto di barbarie e sopravvivenza d'istinti sanguinari» 68 . Croce non potrebbe davvero dire, come nel 1917, che le sue idee sulla guerra non sono cambiate. Sono cambiate, invece: 118 la guerra, in quanto guerra, per sé considerata, non si presta a nessuna intelligenza storica, non

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