si in rivoli, copiosi e fecondi: così fecondi da disfare e rifare in perpetuo la vita politica stessa e gli Stati, ossia costringerli a rinnovarsi conforme alle esigenze che ella pone»s3 Ora la considerazione dell'ufficio della morale non è più tanto "sotterranea" come ai tempi in cui Croce si faceva scrupolo di difendere la «Realpolitik»: la rappresentazione di uno Stato che è tutto compreso nella sfera dell'economia o dell'utile è necessaria a designare le funzioni e i "limiti" dell'azione (che, altrimenti sarebbe insidiata dalle astratte ideologie umanitaristiche) ma l'azione morale «risolve in sé così anche lo Stato, il quale non è poi altro realmente se non un complesso e processo di azioni». In Etica e politica si compie così un ulteriore passo che innalza la morale sulla politica: un passo reso poi più risoluto dalla riflessione che Croce svolge nell'opera forse più importante del periodo a cavallo tra le due guerre: La storia come pensiero e come azione (1938)54 • Qui la considerazione del nesso etica/politica si intreccia a una intensa riflessione sulla storia, soprattutto sul versante del «rapporto tra storiografia» e «azione pratica»ss Il tentativo di Croce in questi anni di vigilia è quello di piantare su un terreno di concretezza il concetto della moralità. Questa esperienza di "secolarizzazione" dell'istanza morale, avvertita come una necessità teorica e politica, talvolta conduce il filosofo sull'orlo di un ripensamento profondo che coinvolge i grandi motivi dell'esistenza: «chi ha scritto queste pagine ha talora avuto il senso, nel corso delle sue meditazioni, di essersi come affacciato al profondo laborioso "regno delle Madri"»56 . Dalla meditazione sulla storia, sulle sue costanti e sugli elementi imprevedibili e «irrazionali» che talvolta ne decidono il percorso, Croce ricava il disegno degli elementi motori che agiscono sullo sfondo delle vicende umane. E, da questo disegno, emerge la presenza di una forza che 114
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