Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

aprono col loro oscuro lavoro le vie dell'avvenire» 35 • Nell'esprimere questa ruvida lezione di realismo, Croce si sente confortato dalla vicinanza di Vico e di Machiavelli e dell'abate Galiani36 • Il ricorso a questa tradizione della teoria politica italiana lo accosta agli esiti più recenti e discussi della filosofia tedesca del diritto. Egli non tollera, infatti, l'atteggiamento antigermanico alimentato e diffuso in certi ambienti della cultura italiana e cerca di scongiurare gli attacchi sferrati contro la Kultur o la Realpolitik tedesche da intellettuali come Giovanni Ferrero37 • Difende addirittura la dignità di un «nome abominato» come quello di Treitschke che, con la sua tendenziosa Storia tedesca del secolo decimonono, aveva fatto onestamente la sua parte «in gloria dell'opera della Prussia nella formazione dello Stato germanico: al modo stesso del Sommario del nostro Balbo»38 • E, leggendo i ben accolti saggi di Durkheim (Il pensiero tedesco e la guerra) o di Seignobos (Dal Congresso di Vienna alla guerra del 1914), che stigmatizzavano i teorici tedeschi dello «Stato come potenza», Croce confidava la preoccupazione che «predicando il pacifismo, l'internazionalismo e l'antimilitarismo», così come costoro avevano fatto, «si indebolisse nei petti dei giovani il sentimento della patria»39 • Negli interventi del Croce tra il 1914 e il 1918 si delinea una posizione sulla guerra che, parafrasando, possiamo tentare di riassumere in questi termini: la vita è lotta e la guerra è la sua inevitabile legge cui non è possibile sottrarsi opponendo astratte argomentazioni o volizioni ingenue. Le ideologie antimilitariste e pacifiste hanno rimosso troppo facilmente questa tragica necessità. La pretesa di un pensiero che possa indicare un orientamento ideale per schierarsi nel conflitto e decidere la parte giusta è presuntuosa e vana perché ogni istituzione ha in sé la giustizia e l'ingiustizia. Non resta allora che difendere come «sentinelle» la trincea che lo «Spirito del mondo» ci ha assegnato. Così, ogni cittadino (anche il filosofo o il 107

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