Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

estreme e intollerabili perché entrambe sortivano verso un pericoloso pessimismo: Il risultato dell'una e dell'altra concezione è il pessimismo: un pessimismo passivo nel primo caso, costretto al non fare o a fare prediche vane [...]; un pessimismo attivo, nel secondo, ma di una falsa attività, che vuol fare tanto per fare, e per muoversi e per stordirsi, pur sapendo di far cosa priva di giustizia, ossia priva di valore25 . La discussione delle due versioni concorrenti non era piegata alla polemica di circostanza. Non a caso il saggio sarà ripreso qualche anno più tardi, in prossimità della guerra. Vi si affrontava, infatti, un delicato e complesso problema che - avverte il Croce - «quasi potrebbe dirsi un rompicapo: quello del contrasto tra morale e politica, tra morale di privato e morale di cittadino»: il «problema del "machiavellismo"»26 • Ma, posti i due estremi, per chi parteggiare? Verso quale posizione orientarsi? Quella che senz'altro maledice l'eventualità della guerra o quell'altra che fa della guerra una necessità inestirpabile? Croce non si sbilancia, indossa l'abito del filosofo scaltrito dall'esercizio dialettico e avverte che «sul terreno dell'antinomia, il problema è insolubile: e si è sbattuti da una banda all'altra, o si rimane accasciati nel mezzo, contemplando tristemente la sorte dell'uomo, condannato all'impurità e all'immoralità»27 • Ma se il filosofo può sottrarsi col pensiero al movimento «tragico» di questa irrisolvibile oscillazione, il cittadino, invece, non può fare a meno di assumere una parte e, per lui, «è meglio assài lo sbattimento dall'uno all'altro principio opposto, che, se non altro, ha del tragico»28 , piuttosto che restare passivamente in bilico, in balia degli astratti princìpi. E, ancora, «per chi e per che cosa bisOgna parteggiare?». Non ci sarà risposta a favore dell'una o dell'altra po104

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