Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

Della guerra, del percorso storico che conduce ad essa, Croce non si sente ancora in grado di fornire giustificazioni e neppure nel '31-32, quando sarà pronta la Storia come pensiero e come azione, saranno disponibili spiegazioni soddisfatte. Se non gli era possibile un pensiero "positivo" della guerra, Croce si era nel frattempo misurato con le ragioni degli altri. Uno scritto del 1912, pubblicato inizialmente sul «Giornale d'Italia» (a. XII, 107, 6 aprile 1912) e riproposto da «L'Italia nostra» nel gennaio 1915, affronta un motivo molto dibattuto nel periodo della «vigilia». Qui Croce aveva cercato di condurre una doppia critica, rivolta sia contro gli assertori del principio pacifista di una giustizia assoluta, sia contro i teorici che promuovevano la guerra a principio assoluto della vita. Ai moralisti astratti così si rivolgeva: Ma come si può disconoscere, d'altro canto, che la vita è lotta, e lotta senza pietà, e che la guerra è la sua legge, e che la storia è storia di guerra e non di pace, di atti di forza e non già di acquiescenze, e che questa lotta si combatte ogni giorno e guai a coloro che non vi partecipano e non parteggiano, ai neutrali e agli uomini dalle «mani nette», che sono mani pendenti lungo i fianchi?23 Ai materialisti, e al loro cinico disegno di un mondo che si consuma nella lotta perpetua, invece obiettava: Perché, come mai si può negare che la giustizia, il rispetto dell'uomo verso l'uomo, il congiungimento degli spiriti nel comune culto della verità e della bontà, la sottomissione a una misura comune, sia esigenza fondamentale e assoluta, senza cui la vita perderebbe ogni significato, ogni guida, ogni calore, e non udrebbe più parlare nel suo intimo le sue voci più care?24 Per Croce le due posizioni rispetto alla guerra erano 103

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