Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

milmente quella del museo zoologico. Si può in effetti cogliere l'evoluzione del pensiero scientifico (e museografico) confrontando uno zoo dell'inizio del XIX secolo (scienza tassonomica, princìpi tipologici, gabbie = vetrine, animale = elemento da collezione), con uno zoo di creazione o concezione recente. Pur conservando talvolta certi aspetti del vecchio zoo, lo zoo moderno presenta più spesso una ricostruzione delle «condizioni naturali», tiene conto del modo di vivere dell'animale in rapporto al territorio, conta su una visibilità probabile e non totale e continua, e dà la priorità alla riproduzione (Bouissac, 1978, 254-5). La riserva naturale (che ricorda l'ecomuseo o il museo all'aperto) si presenta come l'ultima tappa in questa direzione, rinviando definitivamente la natura alla cultura. Vi è poi una moltiplicazione di mini-zoo a carattere pubblicitario (parallela alla moltiplicazione dei musei locali): un'ordinanza del 1981 sulla protezione degli animali riconosce esplicitamente a ristoranti, distributori di benzina, empori o imprese di trasporto e altri esercizi utili alla «generale promozione del turismo» la disponibilità a titolo professionale di specie non domestiche (Jocelyne Clerc, «L'Hebdo», 31 luglio 1986). In breve (Bouissac, 1978, 255) lo zoo rende accessibile e quasi palpabile (esistenza di piante, guide, ma anche esempi a tre dimensioni) il mito a partire dal quale gli animali vengono pensati e classificati nella società che li espone. È particolarmente possibile apprendervi concretamente e soprattutto inconsciamente le scale di valori che essa delinea fra le diverse specie, e leggervi una tangibile scissione fra umanità e animalità12 • Passando ad analizzare il circo, Bouissac (1978, 261-2) constata che, contrariamente ai giardini zoologici, «il circo sembra che miri a creare la confusione fra le specie e a ottenere dagli animali dei comportamenti che non siano naturali». L'autore allude al «travestimento interspecifi92

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