Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

tribuire, in modo spettacolare, a ciascuno il proprio ruolo e gli attributi prescritti dalla consuetudine. Zoo e circhi Pochi animali hanno alimentato l'immaginario umano quanto le belve e altri mammiferi selvaggi, che un tempo si evolvevano ai margini dei territori occupati dagli uomini e che oggi si ritrovano essenzialmente nelle riserve, quando non sono negli zoo e nei circhi. A tutta prima zoo e circhi possono essere visti come luoghi di prigionia e di condizionamento in cui l'animale sel� vaggio, incarcerato o domato, appare calmo e savio, e l'umanità trionfante. Come se l'umano, per rassicurarsi sulla sua origine, dovesse sempre e dovunque dare prova della sua superiorità. Così per Berger (1978, 824) gli animali sono negli zoo «il monumento vivente della propria estinzione». Questa osservazione fa soprattutto riferimento a un certo numero di specie, di cui gli zoo assicurano il mantenimento artificiale e di cui proteggono gli ultimi esemplari. Berger nota anche che lo zoo come spettacolo gioca sulla frustrazione: gli animali non si vedono mai bene, e quando si vedono, si comportano in maniera così dolente e ripetitiva che non corrispondono in nulla a quello che ci si aspettava. Considerandoli con più attenzione, ci accorgiamo che gli zoo e i circhi sono più di questo e si completano gli uni con gli altri. Al di là della difficoltà di vedere e della delusione davanti alla gabbia, Paul Bouissac (1972) constata che lo zoo non mette tanto in mostra degli animali quanto una certa conoscenza, storicamente datata, di questi animali, una messinscena del discorso scientifico che li riguarda in una data epoca. Se l'impressione più immediata che dà uno zoo è quella di una prigione per animali, la più esatta è dunque verosi91

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