Presso i Nyangatom, pastori d'Etiopia, il cane è un parassita dell'accampamento, dice Serge Tornay (1981, 35): «Tollerato, certo, ma sempre parassita, vituperato, picchiato, disprezzato, che pare debba la sua sopravvivenza a una dose incredibile di ostinazione, servilità ed ignominia». Serve soprattutto come «macchina coprofaga» e «indicatore notturno». E Tornay aggiunge: «La funzione più evidente del cane nella cultura nyangatom si pone a livello simbolico. Incarnando una sotto-animalità, il cane rappresenta anche una anti-umanità, molto utile per pensare la società» (1981, 39). A proposito di differenze, nutrirsi di carne di cane sembra cosa intollerabile a moltissimi occidentali. È la ragione per cui Ferdinando Marcos ha proibito questa usanza (che però continua ad essere praticata) ai filippini, ed è per questo che è stato raccomandato ai coreani di farlo «in sordina» durante il periodo di preparazione ai Giochi olimpici. I popoli cinofagi sono da molto tempo sottoposti a pressioni da parte di buddisti, mussulmani o cristiani che non praticano questa usanza (vedi Simoons, 1961, 95), e numerosi sono coloro che vi hanno rinunciato o lo fanno di nascosto. Oltre che in Asia, in un'area che si estende dalla Cina e dalla Corea al nord fino alla Siberia orientale ad ovest, l'Assam e l'Asia del sud-est a sud e le isole Hawaii ad est (vedi Simoons, 1961,95), la cinofagia è testimoniata nell'Africa occidentale (vedi, soprattutto, Holas, 1955, 22-3 e Simoons, 1961,92), dove i cani sono sacrificati comunemente. Nonostante le frequenti testimonianze di trattamenti piuttosto violenti, non bisognerebbe arrivare alla conclusione che i cinofagi sono crudeli coi loro cani. Simoons (1961,94) attesta che specialmente gli Azande e i Mbundu hanno molto affetto per i loro cani, il che non diminuisce il loro apprezzamento per la carne canina più di quanto l'amore per il bestiame non diminuisca l'appetito per la carne di bue degli allevatori dell'Africa dell'est, o 70
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