sorprendente nelle fusa del gatto, che, sorte da una situazione di dipendenza del micino dalla madre, spariscono con la fine dell'allattamento nell'animale selvatico, ma proseguono nell'animale domestico» (1985, 219). Aaron Katcher (1984, 64) precisa che il cane è biologicamente concepito per essere infantile e per restare tale. La neotenia del cane rassomiglia a quella degli esseri umani e la completa. Certe razze canine sono geneticamente foggiate per accentuare la neotenia della facies e per tutta la vita presentano un «viso» costantemente infantile. La natura giocosa e amichevole dei cani adulti è il prolungamento nella maturità di un comportamento caratteristico del lupacchiotto. Konrad Lorenz (1969, 126), mettendo a confronto il «modello» selvatico con la «caricatura» addomesticata, dà a questo proposito un esempio particolarmente rivelatore: «Negli anni venti, i chow-chow erano dei cani del tutto naturali, ancora molto simili agli esemplari selvatici: muso appuntito, occhi mongoli, orecchie diritte e affilate, avevano quell'espressione affascinante che di�tingue i cani da traino della Groenlandia, i Samoiedi, gli Huskies, in breve tutti i cani che hanno nelle vene una forte proporzione di sangue di lupo. Affidato a un allevamento "moderno", oggi il chow-chow ha l'aria di un orsacchiotto superalimentato; il muso è più largo e corto, come quello di un mastino, la compressione della maschera ha fatto perdere agli occhi il loro-bell'obliquo, e le orecchie sono quasi sparite nell'infoltirsi del pelo. Quanto alle qualità mentali, questi animali bizzarri che avevano sempre conservato una traccia dell'animale selvatico, sono diventati imprevedibili come degli orsi di peluche». Collegando umanizzazione e neotenia, Paul Yonnet (1985, 19-20) vede la proliferazione dei cani e dei gatti come «una metafora della crisi dell'educazione contemporanea, in cui i proprietari continuano a rappresentare la grande scena della duplicazione parentale, esprimono 67
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