Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

tezza dei rapporti sociali e che suscita delle reazioni appassionate, passionali - e anche patologiche - non appena l'ombra di una critica sfiori il quadro idilliaco che una parte dei proprietari di animali domestici considera come la sola realtà dei rapporti uomo-animale. I difensori dei gatti e dei cani non hanno d'altronde il monopolio della passionalità, tanto è vero che all'altro estremo le posizioni possono essere estremamente dure. Un anonimo, che si firma Bergier-Lallement (1984,15), esprime in questi termini l'insieme delle posizioni antropocentriche: Avreste il coraggio di mettere, nero su bianco, il numero dei bambini che potrebbero essere salvati ogni anno da una morte indegna con il denaro sperperato dalle associazioni per la difesa degli animali in cose futili? Spieghereste ai francesi tutto quello che le associazioni come «Medici senza frontiere» o «TeI;Ta degli uomini» potrebbero fare, con le somme che essi sciupano in alimenti per animali? Sareste disposti, infine, a far presente che in questo paese ci sono ancora uomini che approvano la sperimentazione sugli animali quando gli esseri umani continuano a morire di malattia, che se ne infischiano degli animali martiri quando ci sono dei bambini nelle stesse condizioni, uomini che continuano a pensare con la forza della disperazione che una vita umana, la più umile, vale infinitamente di più delle vite di tutti i cani e gatti di Francia, uomini, signore, che sono innanzitutto uomini e non dei cripto-micini, dei cuccioli che si pentono e vergognano del loro portamento eretto? Al di là della pertinenza o meno degli argomenti invocati (è chiaro che certi animali sono alloggiati assai meglio di moltissimi umani, il che non implica che il nostro superfluo verrebbe utilizzato per nutrire i più diseredati, se avessimo meno animali sotto o alle nostre tavole), una 65

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