Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

54 A Sakhalin, quando i cacciatori uccidono un orso nella taiga, lo depongono delicatamente sul ventre e gli allungano le zampe anteriori su cui depongono la testa come se dormisse tranquillamente. Sul continente, quando un orso è stato ucciso, il più vecchio dei cacciatori, colui che guida la caccia, gli stringe la testa tra le mani. Quest'uso indica che l'accoglienza più calorosa deve essere fatta all'orso. Dopo aver ucciso un orso nella taiga, i Nivkh lanciano un grido di vittoria. Gridano tre volte di seguito se si tratta di un maschio, quattro volte se si tatta di una femmina. Alcuni Nivkh mi hanno detto che bisogna gridare con tutte le proprie forze, fino allo stremo, in modo che il grido venga inteso dagli uomini delle montagne. Quando viene il momento di smembrare l'orso, i Nivkh lo voltano sul dorso. Il più vecchio dei cacciatori pratica allora un taglio longitudinale dal labbro inferiore fino all'ano. Un orso smembrato nella taiga è smembrato solo fino alla testa. Dopo la si ricopre con la sua pelle e comincia allora un rituale di spogliazione n_ el corso del quale i cacciatori emettono grugniti d'orso. Viene poi il momento di prelevare gli strati di grasso dell'animale. Lo strato di grasso, tagliato con la carne lungo la colonna vertebrale, dalla nuca alle zampe, è chiamato dai Nivkh della Tyma, a Sakhalin, con un termine che letteralmente significa «faretra», il che fa supporre che gli antichi Nivkh pensassero che l'orso portava una faretra. I due strati di grasso prelevati di traverso, sul torso, fino sopra il bacino, sono chiamati «cintura». Un vecchio Nivkh di Sakhalin mi ha detto che sulla sua «cintura», l'orso aveva un «sacchetto», nel quale portava un acciarino, una silice e un'esca per fare il fuoco. La paura della forza e della potenza dell'orso, quella di una vendetta possibile, poiché credevano profondamente nella sua resurrezione, spinge-

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