Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

per esseri umani. La storia del cane Rhin, così chiamato perché arrivò con dei missionari sulla corvetta Le Rhin nel 1845 e che era il più intraprendente nell'inseguimento degli indigeni, è un episodio esemplare del primo contatto con un mammifero. Un giorno, un capo dei dintorni arrivò in ambasceria con una stoffa bianca (una scorza battuta di Brussonezia) sul braccio e domandò udienza al «capo dei cani» per fare la pace e instaurare buoni rapporti con loro. Il cane fu subito chiamato, e allora gli fu presentato un dono in ignami, canne da zucchero, tarocchi (sic). Il capo gli fece un breve discorso, dicendogli quanto lo considerasse grande e potente; che gli portava dei doni, perché gli concedesse la sua amicizia e ordinasse agli altri cani, suoi servitori, che in futuro non fosse fatto alcun male a lui e ai suoi sudditi15 . Ma questo discorso amichevole non sembra abbia avuto l'effetto previsto. I cani si mantennero ostili agli indigeni. L'anno dopo, la missione venne distrutta e colui che aizzava maggiormente i cani contro gli indigeni, il fratello laico Blaise Marmoiton, fu ucciso così come Aliki-Rhin. Se il disastro ecologico che causò l'introduzione del bestiame di grande taglia in Nuova Caledonia è stato completamente dimostrato da Maurice Leenhardt16 che constatava che «il Canaco indietreggiava davanti al bue», Miche! Perrin17 ha segnalato che gli indiani Guajiro della Colombia allevavano bestiame non per sé, ma per venderlo ai coloni e lo consideravano e trattavano da estraneo. Questo atteggiamento richiama quello di Charles Atiti, capo Goro in Nuova Caledonia, che dichiarava che gli ignami che vendeva a Nouméa erano coltivati in un campo separato. Destinati alla vendita, non potevano essere «allevati» con quelli predisposti per il consumo personale. 52

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