Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

50 Con un'altra eccezione: gli Aborigeni Australiani, popolo di un livello culturale straordinariamente basso, dato che non ha alcuna esperienza né dell'agricoltura né della domesticazione degli animali, e il cui livello mentale e culturale era certamente più basso di quello dei loro antenati, i primi «Australiani» (senza dubbio coloni venuti dal mare, paragonabili agli abitanti attuali della Nuova Guinea). Questa carenza di cultura negli Aborigeni è . probabilmente connessa con la facilità con cui riescono a nutrirsi: i marsupiali sono in effetti animali stupidi, e facili da catturare. Ora, la questione non è quella di sapere se il dingo è un vero cane selvatico o se era all'origine un cane domestico, introdotto dai primi coloni. Sono assolutamente favorevole a questa seconda tesi. Chiunque sappia riconoscere i segni della domesticazione, non può dubitare che il dingo sia un animale domestico ritornato allo stato selvatico. L'obiezione di Brehm secondo cui l'andatura del dingo è quella di «un vero cane selvatico, e che non la si riscontra in nessun cane domestico», mi sembra del tutto inesatta. Le movenze di un cane esquimese, o di un huski, si avvicinano di più a quelle di un lupo o di uno sciacallo che a quelle di un dingo. E va aggiunto che il dingo purosangue presenta spesso «calze» bianche o macchie bianche, e quasi sempre un piccolo ciuffo di peli bianchi in cima alla coda, segni distintivi distribuiti in modo piuttosto disuguale, cosa questa che non si dà mai per gli animali selvatichi, ma è presente frequentemente nelle specie addomesticate. Per me è una certezza: il dingo è stato introdotto in Australia dall'uomo, e se ne è liberato a mano a mano che il livello dell'Australiano degenerava. E lo stesso motivo che ha indubbiamente contribuito alla degenerazione dell'uomo -la lentezza dei marsupiali, la facilità della loro cattura - ha anche contribuito al ritorno dei dingo allo stato selvatico.

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