Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

connettono fra di loro le esperienze in un modo che richiama la magia più che la logica. Il ruolo che giuoca il padrone nell'ambiente del cane è sicuramente avvertito come magico e non scomposto in cause ed effetti. Un esperimento messo a punto qualche anno fa da ricercatori americani con cani domestici fornisce sufficienti chiarimenti sulla dipendenza affettiva di questi animali nei riguardi dell'umanità: portati su un'isola deserta, i cani ricevettero nutrimento abbondante paracadutato con l'aereo, ma furono totalmente privati della presenza umana. La conseguenza fu che dopo un certo tempo cessarono di riprodursi e la loro razza si estinse progressivamente. In uno studio psicologico, Colette Faure5, citando questo esperimento, sostenne che il cane «non ha bisogno solo di nutrimento, ma in egual misura della nostra presenza e, se è possibile, del nostro affetto». Secondo Konrad Lorenz6 , il padrone sarebbe per il cane la madre e il capo branco; da qui la sua adorazione fedele e la sofferenza causata dall'abbandono. Questa dipendenza psicologica dell'animale domestico risale all'origine dell'addomesticamento, quando i cacciatori raccoglievano i piccoli orfani degli animali uccisi, come osserva Frederick E. Zeuner7 : 48 Non deve dunque sorprenderci che un certo numero di ricercatori autorevoli ritengano che l'abitudine di tenere giovani animali come compagni sia all'origine dell'addomesticamento in generale. Se è forse esagerato immaginarla in questa forma, è possibile e perfino concepibile il fatto che i piccoli animali raccolti fornissero una delle basi della scala economica su cui si sarebbe sviluppato in seguito la domesticazione. Anche l'istinto materno delle donne può aver avuto un suo ruolo in questo processo.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==