Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

ni, la terra o la madre nutrice. L'allattamento è un modo o simbolo dell'aggregazione al gruppo, al clan: vale come rito di adozione familiare. Così a livello tribale, in un rito di adozione che ancora si ripete, l'estraneo compie simbolicamente il gesto di poppare al seno di una donna anziana: ciò per essere «adottato» appunto e far parte della comunità. Ora, nella cultura occidentale accettiamo solo i miti in cui l'uomo è allattato daglì animali. Sono miti delle origini, scene primitive, punti di partenza di una naturalità che trapassa poi nella cultura. Sono anche immagini o rappresentazioni idilliche e armoniche del rapporto uomo-animali, che è invece contrassegnato dalla differenza e dalla opposizione. Ma, in altre culture, in altri ecosistemi, le cose stanno diversamente: qui sono le donne che allattano gli animali. Anzi è questa la forma specifica della domesticazione, che gli etnologi chiamano «maternaggio». Con questo termine intendono la cura che una madre dà ai figli. E in alcune culture dell'America del Sud, gli animali domestici sono nutriti al seno o dalla bocca con cibi premasticati. Quest'ultimo sistema è l'unico possibile con i giovani uccelli. Così fanno gli Indios dell'Amazzonia, per esempio. In Oceania sono il cane e il porco che ancora oggi vengono maternati. In queste culture dunque domesticare significa adottare, inserire nella famiglia o nel clan l'animale che è fatto oggetto di tante cure. Non c'è una finalità economica né di consumo. Infatti gli animali, che vengono cacciati e consumati, rimangono al di fuori del mondo umano e della «familiarizzazione». Tracce di questa antica forma di domesticazione sono presenti nell'allattamento dei cani in Australia. Qui gli Jankuntjara, un popolo di cacciatori e raccoglitori, conoscevano una parziale domesticazione dei dingo: oltre ai dingo, allattavano opossum e canguri. Ora allattano i ca31

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