Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

Non tengono le spiegazioni economiche del passaggio, o per lo meno non sono sufficienti. Ombre e ambiguità velano il passaggio e avvolgono il domesticamento. Ed è valida, in generale, l'avvertenza che non siamo mai troppo cauti quando ci inoltriamo in mondi «altri». Per Barrau il domesticamento può essere solo inteso come un «continuum» complesso e diverso, che dice le pluralità degli ecosistemi e delle società. Con la domesticazione infatti entriamo nella morfologia delle società attuali, per questo essa costituisce «uno dei punti più importanti dello studio degli uomini», così diceva LeroiGourhan, già nel '49. Ne sono chiare le conseguenze: la zoologia va vista con gli occhi dell'etnologo. Ed è stato difficile anche per i nuovi studi l'approccio ecosistemico e etnologico agli animali; più sconcertante, più profondo forse ma meno inquietante è stato quello con la trama vegetale. Nella domesticazione si colloca l'ambigua separazione tra il domestico e il selvatico. È una linea incerta per gli animali che la attraversano in continuazione e per l'uomo che la porta dentro se stesso: è una frontiera continuamente violata, nella quale l'uomo dice la propria differenza con il naturale e l'animale, e per ciò stesso insieme la propria parentela. Inoltre il domesticamento è il passaggio decisivo, in quanto passaggio dall'appropriazione alla produzione. È un mutamento del rapporto tra l'uomo e la natura all'interno degli ecosistemi. In questo passaggio l'uomo ha popolato le pianure, le foreste, le montagne, i deserti, di animali parenti, alleati o nemici che bisogna sedurre, costringere o allontanare: così ha ideato gli animali «buoni da mangiare», quelli «buoni per lavorare» o quelli «buoni per pensare». Dunque le società ci restituiscono, nella struttura della domesticazione, un'immagine a propria somiglianza della natura, una proiezione illusoria e rassicurante, e insie24

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