Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

guito in che senso io usi il termine "orizzontale"). Riprendendo il punto 1), possiamo dunque dire che non viene sentita alcuna contraddizione nella coesistenza di: animali che parlano, ma restano sostanzialmente animali, che vivono, mangiano, ecc. come animali (notiamo che questi compaiono specie nelle favole più antiche; ad esempio in G. Gozzi abbondano cornacchie parlanti, cigni che sono prìncipi, ecc.); animali-animali (come sono visti dalla coscienza dell'adulto medio); animali totalmente umanizzati (si vestono, abitano in case, fanno tutto quello che fanno gli esseri umani; oltre a parlare, questi animali hanno tutti le mani, e camminano eretti); animali studiati nei libri di scienze naturali illustrati per bambini e ragazzi. Potrebbe esserci ad esempio una scena in cui mamma coniglia con cuffia, grembiule, ecc., legge al suo coniglietto un libro sulla vita dei leoni, mentre intanto un bel gatto fa le fusa ai suoi piedi, e così via. Questo coesistere di concezioni antitetiche dell'animale rimanda ad aspetti formali del pensiero selvaggio e del totemismo: troviamo la stessa capacità di considerare un certo animale in modo diverso da tutti gli altri, senza sentire per questo alcuna contraddizione, alcun bisogno di dare giustificazioni logiche. L'indifferenza, l'estrema facilità ad accettare l'animale umanizzato spiega bene come nella scena inconscia l'animale possa diventare il rappresentante del padre (che si carica di angoscia nella fobia). Data la difformità totale dalla posizione cosciente, che delimita nettissimamente gli esseri umani dagli animali, questa facilità ad accettare l'animale umanizzato non può essere infatti altro che un derivato dell'inconscio. Nello sfogliare i libri del mio piccolo campione statistico, mi sono imbattuta in due figure, che voglio riportare qui, altamente significative data la loro somiglianza, che è singolare, visti i campi assai distanti da cui provengono. 197

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