cui sogno e testo si fondono con un mare lattiginoso e cinereo fino a produrre, sull'orlo della veglia, l'ultima e suprema lettera dell'alfabeto onirico poesco: la «figura umana velata», sorgente dall'abisso, materna e funerea, bianca del «bianco assoluto della neve». Se Gordon Pym è dominato dall'ossessione della scrittura, le figure animali con le loro singolarità grottesche si presentano come le componenti di un capriccioso scrivere ai margini, contrappunto irriverente ai geroglifici grandiosi dei labirinti. Questa fauna fantastica non ha nulla di araldico, nulla che la colleghi a una genealogia mitica o letteraria riconoscibile. Non appartiene alla nobile famiglia dell'ippogrifo, o della chimera, che, nati dal sogno, hanno acquisito, grazie a una lunga presenza nel1'arte, un suggello aristocratico e quasi un certificato di esistenza. È, piuttosto, imparentata, da un lato, con gli ibridi bizzarri e insolenti del repertorio figurativo delle "grottesche", o "picturae somnium"4, dall'altro con il repertorio verbale della tall tale americana della frontiera. Gli ibridi e i mostri delle grottesche rinascimentali, anticipati dagli animali fantastici che popolano i paesaggi di Bosch, si creano, alla fine del Quattrocento, un loro statuto pittorico che permane invariato fino agli inizi del Seicento. Assolte da Raffaello e daMichelangelo, condannate dai Carracci, queste discendenti delle pitture murali della Domus Aurea di Nerone (le cui sale sotterranee sono note, nel Quattrocento, come grotte dell'Esquilino) trasmigrano nell'arabesco, nel rococò, nel Liberty. Figure in perpetua metamorfosi, «in cui le specie consumano unioni mostruose con una logica che è quella dei simboli», le grottesche rivelano presto una bizzarra affinità con la festa burlesca del linguaggio che si celebra in Rabelais. Il capriccio pittorico e il capriccio verbale sono imparentati da un principio comune di irregolarità comica, di «libertinaggio», da una rivolta contro «l'ordine del mondo che go191
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