Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

bilo al pari di lana al fuoco e come calce nell'acqua, si rimpicciolisce e si raggrinza fischiando e sprizzando fiamme fino a raggiungere le dimensioni del gonfio e schifoso ragno nero che ha sul volto, si contrae ancora insieme con esso e gorgogliando si ritrae dentro di lui»18 • Il ragno alla fine verrà catturato e reso innocuo, ma molte generazioni dopo sarà incautamente liberato da alcuni personaggi femminili spinti dalla curiosità, in assenza di un adeguato «controllo» maschile, e proprio qui troviamo esplicitata la «morale» misogina del racconto: Quasi duecento anni erano trascorsi da quando il ragno era prigioniero nel buco. Capo di casa era una donna forte ed astuta; non era di Lindau ma per molti lati assomigliava a Cristina. Anche lei veniva da via, era piena di ambizione e di superbia, aveva un unico figlio, il marito era morto sotto il suo matriarcato. Il figlio, Cristen, era un bel ragazzo, di buon cuore, gentile con gli uomini e umano con le bestie; certo la madre gli voleva bene ma non glielo lasciava capire. Lo comandava in tutto e per tutto, niente le andava bene di quello che egli faceva senza il suo permesso; era già adulto e ancora non lo lasciava frequentare amici e andare alle fiere senza di lei. Quando credette giunto il momento, gli diede finalmente in moglie una sua lontana parente, scegliendola secondo i propri gusti. Così egli ebbe due padrone invece di una sola, entrambe ugualmente superbe e vanitose... 19 • Il ritorno di un femminile virilizzato coincide con il manifestarsi del ragno, che rappresenta dunque l'esplicitazione della minaccia implicita in un mondo in cui la donna non accetta la propria subordinazione, ed è significativo che a Cristen venga per l'appunto rimproverato di non aver saputo imporre la propria superiorità, introducendo un pericolo nel nucleo sociale in cui si trova a vive177

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