Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

non priva di confortevoli misteri, sono testimoni di una vocazione per le "buone maniere" clamorosamente negata dagli umani che potrebbero anche identificarsi tutti nella folle Crudelia, ben degna di rappresentare anche la provvisoria pochezza di cui, tutti quelli che non sono animali, si fanno portatori, in uno spietato rovesciamento parodico che allude perfino a possibili echi swiftiani. I topini di Cenerentola, le bestie alchemiche e tipografiche coh cui Disney sfida Carroll in una Alice densa di invenzioni, gli ineffabili felini che dilagano negli Aristogatti, gli esponenti di una briosa animalità tropicale in Saludos amigos e nei Tre caballeros: impossibile definire una mappa. Tuttavia c'è una costante, il cui senso è sempre sfuggito a quanti hanno distrattamente sorvolato su certe componenti della poetica disneyana. Tra bestie e umani è un continuo altalenare, così che gli uni e gli altri si immergono in uno stesso antropomorfismo, il cui spessore è in grado di contenere tutti i sobbalzi scaturiti dalle due sponde. È proprio nel bosco di Bambi, dove l'animalità è totale, separata, autosufficiente, incontaminata, che tuonano gli spazi delle altre bestie, quelle davvero Bestie, che sparano sadicamente, per produrre un orfano, oscuri nel buio darwiniano che si contrappone all'edenico lucore, in cui vivono e amano i riobili cervi e i loro dolcissimi amici appartenenti a specie diverse. Non è un omaggio insinuante a un darwinismo che domina assoluto, è (forse) il tentativo di definire un catalogo socio-antropologico in cui si ricorre all'animalità per ottenere convincenti metafore dell'umano, e quindi per evidenziare certi tratti dell'umano che, privi della sottolineatura metaforica, non si renderebbero visibili. In questa direzione Disney sembra aver raccolto, e splendidamente sintetizzato e congiunto, la duplice eredità di due animalisti molto famosi: Grandville e la Potter. Nel primo si agitano, in una mirabile condensazione, molti dei fantasmi sociali dell'Ottocento francese: da Flaubert a Balzac, da Hugo a Maupassant. 150

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