combinatoria: quella stessa che Walter Benjamin scopriva nelle tavole degli Orbis ottocenteschi, entro cui si accalcavano orologi, obelischi, ontani, otri, oboe, in una storia forsennata, solo perché in quella pagina doveva trionfare la lettera O. L'animalismo dei primissimi fumetti deve ben poco alla tradizione esopiana e non si collega frequentemente con le finzioni già presenti nella storia della letteratura per l'infanzia. In qualche modo, anche il bestiario britannico dei Bruin Boys, creato da Baker a partire dal 1914 e apparso in Italia su «Jumbo» nel 1933, risente del trionfo del medium sulle suggestioni ereditate da una già collaudata tradizione. Queste bestiole, pur tenere, lievi, ludiche, assomigliano tutte all'emblematizzazione iconografica del proletariato suburbano, definita, nello stesso periodo, entro le copertine deipulps, dove, accanto ai "Superuomini di massa", agivano operai, osti, facchini, lavandaie, uniti dai tratti ilari e feroci con cui si definiva la loro esclusione. È un bestiario lunatico, derelitto e baldanzoso, che si colloca nella stessa iconosfera in cui Louis Forton aveva posto, nel 1908, le scorribande furfantesche dei suoi Pieds Nickelés. Forton mostrava «umani» che una devianza rabelaisiana conduceva fino al limite del bestiario fumettistico, e i comics, con Krazy Kat o con Felix, operavano un congiungimento sull'altro versante, perché contenevano, in quanto animali, la stessa imprendibile "follia" delle masse operaie che riempivano le anonime banlieue a cavallo tra i due secoli. Il fumetto ha messo in crisi la credibilità di uno statuto. Con le Memorie di un asino della Contessa de Ségur, o con le Memorie di un pulcino di Ida Baccini4, la letteratura per l'infanzia, in Francia e in Italia, si era dotata di una proposta tanto rilevante quanto trascurata da possibili interpreti capaci di usare le scienze umane per definire una decifrazione credibile di questi prodotti. Da tempo solo derise, accantonate, poco conosciute, la I 145
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