Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

l'anima, e localizzare i suoi frammenti nelle differenti parte della corteccia - che si inserisce il contributo di P. Broca (1824-1880). Il caso del signor Leborgne - il paziente che aveva perso la capacità di parlare, soprannominato Tan perché questa era l'unica parola che poteva pronunciare, venuto all'osservazione di Broca nel 1861, morto sei giorni dopo il ricovero e la cui autopsia confermò l'ipotesi, subito formulata da Broca, che, sarebbe sfato possibile rilevare lesioni ai lobi cerebrali anteriori - inaugura, come tutti sanno, una lunga storia. Meno noto è forse il fatto che l'autopsia rivelasse anche lesioni alle regioni temporali e parietali, e che solo sulla base dell'età apparente delle lesioni Broca abbia ipoti;zzato che la perdita del linguaggio fosse collegata ad una lesione della seconda o della terza circonvoluzione frontale. Broca battezzò afemia questa sindrome: ma poi si stabilì che il sostantivo era stato formato in maniera scorretta, e che in greco moderno "afemia" significa "cattiva reputazione" o "infamia", per cui il filologo Littré propose di sostituirlo, alla metà degli anni '60, con la parola che noi conosciamo: afasia. All'inizio, il fatto che le lesioni che causavano disturbi del linguaggio avessero una strana propensione per il lato sinistro del cervello fu visto come uno spiacevole intralcio sulla strada della localizzazione del linguaggio nei lobi frontali. L'idea che le due metà del cervello potessero funzionare differentemente era all'epoca completamente inaccettabile. Lo stesso Broca, riferendo nel 1863 di otto nuovi casi di perdita del linguaggio, tutti con lesioni alla terza circonvoluzione frontale sinistra, si augurava che altri più fortunati di lui trovassero infine un esempio di afermia causato da una lesione aH'emisfero destro, perché se fosse stato necessario ammettere che le due metà simmetriche del cervello hanno differenti attributi sarebbe stata una vera sovversione della fisiologia cerebrale. E questo non solo per la "legge della simmètria" di Bichat, 130

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