Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

Il sacrificio del cane opera una disgiunzione perché quest'animale è la figura della congiunzione. Più esattamente il cane, come figura del confine, rappresenta tanto la congiunzione che la disgiunzione. Il passaggio dall'uno all'altro avviene mediante una serie di trasformazioni che comporta tre operazioni: la messa in contatto, l'eccesso, il taglio. All'inizio, il cane è un essere ambiguo: è vicino all'uomo, ma ha dei comportamenti non umani. Successivamente il cane rappresenta il confine, ma ora dal lato della natura, ora da quello della cultura; unifica i due lati perché fa parte dei due mondi, ma operando uno spostamento di senso contrario in ciascuno di essi. Nell'uno come nell'altro, la sua intrusione determina un falso eccesso di identità perché fa apparire come simile ciò che deve restare separato. Se il cane adottasse un comportamento ogni volta conforme al dominio che penetra, non sarebbe portatore di una simile ambiguità. L'inversione dei termini - espressione della natura quando è nella cultura, espressione della cultura quando è nella natura -lo rende la figura per eccellenza di una congiunzione ambigua, adatta al lavoro simbolico della disgiunzione. Del resto, nell'identificazione dell'incesto come comportamento simile a quello canino, il cane questa volta per il suo carattere di congiunzione, unisce in sé elementi portatori di una stessa identità che devono essere separati: il rituale di ngosa d jare ha la funzione di disgiungere l'identità per eccesso, mentre gli altri rituali hanno la funzione inversa: rompere un eccesso di differenze messe momentaneamente in contatto (vita e morte, villaggio e savana). È dunque la nozione di taglio che è essenziale nel sacrificio del cane e non quella di incesto, che non è che una attualizzazione delle possibilità dell'animale. Ogni volta che occorre separare degli elementi o troppo simili o troppo differenti, ma uniti per un momento, si fa appello al cane. Egli è dunque una figura doppia e rovesciata: 117

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