Il piccolo Hans - anno XVII - n. 66 - estate 1990

e bello, doppo il morir, vivere anchora «Non potevano avere cani, allora hanno avuto un bambino», scherniva Colouche. Meno sottilmente, il presentatore della trasmissione televisiva «Radio Londra» ironizzava con l'ospite ecologista se «per coerenza con le proprie idee si sarebbe fatto sbranare senza reagire dalle zanzare». A sterminare le specie è innanzitutto un raziocinare, un appello all'evidenza e alla necessità che nasconde nelle sue pieghe il sofisma. È più di tutto la sprezzatura acidula di questi sarcasmi, spesso calembours, a farci sentire la distanza incolmabile, compiaciuta, tra l'animale e il fondamento cartesiano del soggetto. Lo stesso che permette a Lacan di ridurre a un motto la propria cagna, Justine, e l'elefante a ironica illustrazione del primato del simbolico. La retta è la linea più breve che passa per due punti, ma le conseguenze del celebre giudizio sintetico a priori si ripercuotono fin nella foresta amazzonica, nel cui grembo, per la via più breve (quantità interamente aggiunta dalla nostra Ragione al concetto di retta, di per sé solo qualitativo), cioè penetrando e stravolgendo ogni forma naturale che si pone in mezzo, la retta si farà strada. Non a caso, come ancora notava Lacan, tra la geografia fisica e quella politica è la rete delle vie di comunicazione stradale a tracciare la mappa 11

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