e la savana, popolata di spiriti e di geni che abitano le rive, le sorgenti, le colline e i grandi alberi. La divinità, ablasa, l'invisibile, è un dio lontano che non interviene. Il culto degli antenati è poco personalizzato e le anime dei morti vivono in un villaggio lontano, senza che ne sia precisato il luogo. Solo le anime dei morti cattivi - quelle dello stregone e della sua vittima, quelle delle donne sterili o di coloro che hanno trasgredito agli interdetti - errano nella savana, non lontano dal villaggio e, per certo, attendono la loro seconda morte. Il mondo della savana è ambiguo e spaventoso perché i geni, al tempo stesso buoni e cattivi, sono difficilmente identificabili, come avviene per gli spiriti erranti di cui non si sa mai se si tratta di anime di stregoni o delle loro vittime. In questo mondo indefinito vivono anche gli animali nei cui confronti si deve mantenere la distanza e il cui statuto resta misterioso a causa della loro appartenenza al mondo della savana; inoltre, nessuno è mai sicuro della loro identità perché capita che gli spiriti dei morti cattivi si trasformino in animali. Questa ambiguità «statutaria» e questa vicinanza temuta s'attenuano nei racconti in cui gli animali vivono in un mondo socializzato, simile a quello degli uomini, mentre l'anormalità sembra trasferita dal lato della società umana, popolata di mostri, di orchi, di incestuosi e di cannibali. Ma questo rovesciamento è solo abbozzato nel contesto dei racconti in cui si trovano quasi tutti i tipi di simboli. In questo universo animalizzato, gli animali domestici non appaiono mai ad eccezione del cane. Protagonista di un racconto che giustifica il suo posto presso l'uomo, si oppone a un altro animale, ugualmente vicino all'uomo «per natura», la scimmia. 106 «Il cane e lo scimpanzé sono buoni amici'. Un giorno lo scimpanzé chiese al cane di accompagnarlo dai suoi suoceri. Lungo la strada, il cane gli disse: "Fratello, se là ci danno la carne, dammi
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