Insomma c'erano in Bachtin tutte le indicazioni per non contestare la liquidazione dell'io monologico attuata dal monologo interiore e soprattutto per vedere come, all'interno dell'interiorità, l'io non si trovasse affatto solo come una monade isolata, ma fosse in contatto relazionale, dialogico appunto, con tutta la vita che lo circondava, in tutta la gamma delle sue- variamente interferentimanifestazioni. Come ben si vede, la proposta della dialogicità supera il rinvio a Dostoevskij come a una semplice fonte del monologo interiore. Essa si amplia a diventare strumento per individuare una profonda valenza modernista del monologo, oltre la ricognizione della sua tipologia formale27 • Ma ancora una volta è con il rinvio all'avanguardia storica e in particolare alla teoria e alla pratica futurista che possiamo cogliere una dimensione ulteriore della polifonicità: quella che rivaluta l'espressivo e l'energetico contro le astrazioni del Logos; quella che nell'ambito della totalità e della complessità e delle dissonanze, accoglie nel monologo joyciano suoni, odori, rumori, insomma le pulsioni, il corpo e la materia, la logica delle sensazioni, in forza di quella stessa «polifonicità» esplicitamente raccomandata dai manifesti futuristi, certo concepita dagli esaltatori della simultaneità più come proliferante addizione gioiosa che come drammatica contrapposizione. Accanto al Dostoevskij dialogico e plurivoco, andrà recuperato anzitutto il padre delle avanguardie tutte, il Nietzsche che oppone all'io stabile e monolitico un io liberato e plurale, dionisiacamente dispiegato, arruolato subito dai futuristi, a dispetto delle loro smentite, per mettere in moto la loro eversione. E soprattutto occorrerà prendere atto del vero e proprio programma di- e qui cito Marinetti- «distruzione dell'Io in letteratura», che, radicalizzando le spinte anarchiche dell'eredità simbolista, apre ormai al flusso che divora la forma, pratica la liberazione violenta dai codici formali e si fa forza dislocante, 71
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