Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

del monologo: Shakespeare, Balzac, Gogol ecc. e da ultimo - la proposta è del 1984 - Knut Hamsun e Arthur Schnitzler4 • Come nel caso della caccia degli antecedenti letterari e pittorici della spirale nella genealogia del vorticismo, qui c'è il rischio di continuare il vecchio gioco positivistico della ricerca delle fonti e finire - di anello in anello - nella preistoria5 • Se non si individua con precisione il contesto storico più immediato e cogente di un opus che vuole essere scientemente sub specie· temporis nostri, insomma se non chiamiamo in causa soprattutto gli straordinari fermenti e innovazioni del modernismo pre e post-bellico, non agisce più alcuna pertinenza selettiva, e il risultato è l'annacquamento di qualsiasi specificità del fenomeno in esame. Intanto non è un caso che l'incontro con quell'epigonico simbolismo che è il testo di Dujardin avvenga negli anni giovanili del Joyce parigino, nel 1903, quando l'irlandese aveva 21 anni e - legato alla sensibilità fin-de-siècle ed estetizzante - non andava oltre i lirismi intimistici che ritroveremo ancora qualche anno dopo nelJe poesie di Chamber Music. È facile capire lo sconcerto della cultura francese quando a chiarire la fisionomia di un'opera inaudita come Ulisse-l'opera contemporanea più spericolata in decenni caratterizzati da frenetiche rivoluzioni - fu chiamata a riesumare il relitto tardo-ottocentesco di Dujardin. Contro il timido protomodernismo delle pagine episodiche dei Lauriers sont coupés in cui il protagonista monologa, milita non solo la diffusa temperie estenuata di una raffinata décadence, ma la stessa trama esilissima di quello che non supera la dimensione di un racconto: che denuncia la nota avversione verso il genere ampio e complesso del romanzo che caratterizzò - come è noto - tutta la stagione simbolista. Inoltre - e vuole essere un'osservazione decisiva - l'in55

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