Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

the reader finds himself established, from the first lines, in the thought of the principal personage, and the uninterrupted unrolling ("déroulement ininterrompu") of that thought, replacing the usual form of narrative, conveys to us what this personage is doing or what is happening to him2 Si sa che Joyce tramite Larbaud si adoperò perché il nome e il breve romanzo di Dujardin venissero ripescati dall'oblio e fossero proposti nuovamente al pubblico francese, così come Joyce patrocinò la traduzione inglese dei Lauriers fatta da Stuart Gilbert e pubblicata nel '38. Nelle rievocazioni di Frank Budgen, James Joyce and the Making of Ulysses (1934), Joyce ribadiva la matrice della sua tecnica, confessando: I try to give the unspoken, unacted thoughts of people in the way they occur. But I'm not the first one to do it. I took it from Dujardin3 È questa una indicazione che la critica ha accettato a lungo e che, al di là della puntualizzazione specifica, ha contribuito di fatto ad ancorare la più vistosa delle innovazioni joyciane al retroterra simbolista e più latamente ai «narratori dell'anima» (per dirla con Dujardin): alla dimensione psicologico-introspettiva, da Sterne, James, fino a Conrad, per il filone inglese; da Diderot, Rousseau, Stendhal a Flaubert, per quello francese; da Tolstoj a Dostoevskij per quello russo. Anche se episodicamente contestato (per esempio da Gide, che attribuiva l'invenzione della tecnica non a Dujardin o a Joyce, ma all'esito di uno sviluppo che vedeva accomunati Poe, Baudelaire e Dostoevskij) è questo il quadro di riferimento che si è venuto sostanzialmente perpetuando fino a tutti gli anni '70 con l'aggiunta di qualche altro nome all'elenco degli antecedenti joyciani 54

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