Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

Well, My peace we will begin: and Caius Lucius, Although the victor, we submit to Caesar, And to the Roman empire. (11.459-62)40 La "regina malvagia" (1.464) temuta nella sua femminile opacità («Chi può mai capire una donna?», si lamenta retoricamente Cymbeline (1. 48), e il corpo senza testa di Cloten sono tutto ciò che resta delle altre possibili alternative. Per Shakespeare, Cimbelino offre una finale unità nazionale che, ignorando le reali divisioni politiche all'interno delle isole britanniche e dell'Europa, crea un'immaginaria unità che, dai sacerdoti Druidi all'imperatore romano, abbraccia tutte le stirpi europee. Per Joyce, che non vedeva «l'utilità di inveire contro la tirannia inglese mentre quella romana occupava il palazzo dell'anima» (Elrlanda: Isola dei Santi e dei Savi, 1907), Cimbelino riesce a chiarire la diversità tra la situazione moderna e quella di Shakespeare. Le battute conclusive di Cymbeline, che chiudono l'episodio della Biblioteca, creano una pace imperiale, in un'identificazione che riunisce i Celti con gli Inglesi e gli Inglesi con Roma, quell'identificazione contro la quale Joyce si impegnerà a scrivere per il resto della sua vita. L'elemento-chiave di tale scrittura è la rinuncia a parlare, è il «silenzio» con il quale Stephen Dedalus inizierà il suo esilio e la sua astuzia. Laddove il re aveva ordinato di sforzarsi a parlare («sforzati, uomo, e parla»). Stephen, alla fine del capitolo, crede di dover «cessare di sforzarsi» (U:218). Questa rinuncia alla parola è segnalata, all'inizio del capitolo, attraverso l'uso di alcune interpolazioni latine. Si è tentati di credere che queste interpolazioni siano semplicemente i pensieri di Stephen, ma, di fatto, soprattutto dall'episodio di «Eolo», e già anche prima, molte parole del testo non sono immediatamente attribuibili a una voce autoriale né alla coscienza di qualche singolo 175

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