Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

Il viluppo di labirinti va, comunque, anche se in modo ridotto, specificato. Il «labirinto stilistico» si fonda sul fatto che, come abbiamo già accennato, Joyce non si identifica in uno stile «personale», ma, titanicamente, nelle n possibilità stilistiche che la lingua inglese (intessuta dell'anglo-irlandese, dello slang americano, e di stilemi «babelici» derivanti da calchi di espressioni di varie altre lingue) esibisce. Si tratta di uno stile connotativo, di una pratica compositiva in cui la forma tende a raffigurare, mimare motivi e temi attraverso il linguaggio (o coscienza) dei personaggi. L'apice di questo fenomeno lo incontriamo nel quattordicesimo episodio («Le mandrie del sole»). La fecondità della lingua inglese, manifestata attraverso pastiche di stili a partire da stilemi della letteratura anglosassone (ricordiamo, tra gli altri, toni di Bunyan, lo stile diaristico di Pepys, parodie di Dickens), qui s'innesta sul valore della fecondità biologica e sul motivo della nascita così come vengono percepiti dai personaggi. L'ipermimetismo stilistico, raggiunge, comunque, i risultati «virtuosisticamente» più impressionanti nelle prime pagine dell'undicesimo episodio («Le sirene»), dove l'autore usa il materiale verbale in analogia con le esigenze del linguaggio musicale coevo, pur senza smarrire il bandolo della significazione narrativa. Abbiamo, poi, il labirinto delle «strategie compositive»: ogni episodio muta di strategia spaesando il lettore, obbligato a cambiare «occhiali» per aggiustare il proprio sguardo alle richieste del testo. Il decimo episodio («Le simplegadi»), centrale materialmente al libro (episodio cuscinetto tra due serie di nove e otto episodi), si articola per diciotto macrosegmenti narrativi che traducono i diciotto episodi che strutturano il libro. Essendo i macrosegmenti costituiti da eventi simultanei, l'episodio mima un modello immanente all'opera, e come ogni modello si spazializza (si tratta di per17

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