Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

2.1. Prospettive per l'analisi As in what ways? J. Joyce, Ulysses 17.66 Ma la questione più complessa concerne la decisione sul metodo e sugli strumenti dell'analisi. Se da un lato si riconosce la produttività dei criteri linguistici, ci si trova dall'altro a fare i conti con una scienza linguistica le cui prospettive continuamente si moltiplicano e si suddividono contemporaneamente aspirando, ognuna a suo modo, ad assumere capacità descrittive totalizzanti. Una pragmatica può essere enunciazionale, illocutoria, affettiva; la «discourse analysis», una nuova stilistica e una (in parte) nuova retorica aspirano, ciascuna a suo modo, ad occupare tutto il campo delle analisi del verbale; mentre particolari grammatiche - quella funzionale, ad esempio - sembrano incamminate nella medesima direzione totalizzante. E proprio per il fatto che gli ambiti si sovrappongono e i confini si sfumano, l'invasione di campo è inevitabile: forse, anzi, necessaria. È possibile, dunque, che il riferimento a priori a una grammatica, ad un modello teorico, sia una manovra errata, e che possa addirittura imporre costrizioni tali da impedire all'analisi di vedere ciò che è proprio del movimento della scrittura in esame. In questo senso si esprime A. Grésillon: Là où l'étude linguistique d'un texte achevé exige des choix théoriques préalables - quelle théorie du texte? quel modèle linguistique? - le manuscrit ne réclame au fond que le savoir-faire de la description contrastive14 . Grésillon, tuttavia, compie la sua scelta, dichiarando di propendere per una linguistica dell'enunciazione (il modello è Benveniste), e spiega la sua propensione sulla base 128

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