portati sui dattiloscritti e sulle bozze di stampa6 • La distinzione è funzionale ad una classificazione degli interventi autoriali, perché risponde a varianti qualitativamente diverse. Nella prima fase, infatti, assistiamo a movimenti di grandi masse testuali, assestamenti, scambi o cancellazioni di tematiche, grandi espansioni di piccoli nuclei e sparizione di nuclei più o meno estesi. È la complessiva sceneggiatura del testo ad essere toccata, in grandi movimenti che vanno scoprendo e riassestando la dinamica narrativa più che le scelte discorsive: la coerenza, insomma, la sequenza e la messa in serie di temi, eventi, discorsi, la scelta di prospettive enunciazionali, ecc. Nella seconda fase prevale invece una elaborazione dei microlivelli, e con le aggiunte, le dislocazioni e le sostituzioni, fa la sua comparsa la ricerca del «mot juste», mentre la sceneggiatura complessiva, pochissimo variata, è assunta come sistema pronto ad espandersi e ad accogliere soprattutto amplificazioni di nuclei e frammenti testuali già esistenti e, di norma, nella sequenza che già li registra nella fase precedente. L'osservazione di questi movimenti (riscontrabili in pressoché tutti i dossiers genetici) ha suggerito una distinzione operativa fra una génétique scénarique (che concerne la complessiva «sceneggiatura», le strutture e le grandi unità narrative) e una génétique scriptique, che tocca i microlivelli discorsivi ed è, propriamente, una stilistica delle varianti7 • Naturalmente la distinzione, almeno nel caso di Joyce, risponde solo entro certi limiti alla situazione attestata dai documenti (ognuno degli stadi, ad esempio, ospita varianti microlivellari). È vero, tuttavia, che per le fasi iniziali una genetica e una tipologia delle varianti stilistichf;! è destinata ad essere frustrata, o almeno rischia di descrivere opzioni marginali e di ignorare invece i grandi spostamenti che, al contrario, caratterizzano le prime fasi del percorso e che sono da analizzarsi 121
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