Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

scussione problematica nel testo di Derrida già citato16 • Naturalmente la firma della lettera in questione non è quella costituita dalla macchia di tè, neppure la firma di Anna Livia Plurabelle o di suo figlio Shem the Postman: è forse la firma di James Joyce, cui risponda la nostra in cauzione? Ma: «perché, firmare alcunché di quella lunghezza, quando ogni parola, lettera, segno di penna, spazio di carta è una firma perfetta di per sé?» («is a perfect signature. of its own?», 115). Così la firma andrà rintracciata, non in coda alla lettera, nel luogo deputato ma internamente alla lettera stessa, in ogni suo punto. La lettera ha, tautologicamente, un nome: «lettera» - e questa è la sua prima sottoscrizione. Esso emerge solo dopo alcune pagine della sequenza, in forma direi così schermata (LETIERpaper), ripresa, a fondo pagina 111, dal participio «obLITERAted», per collegarsi tre pagine dopo con «litters» e «latters» («with lines of litters slittering up and louds of letters slettering down», 114). È immediato, perfino troppo facile, costruire la catena: letter/litter (rifiuto, immondizia) / latter (the Latter Day è il Giorno del Giudizio) / literature (secondo scrive William Y. Tindall17 , «la lettera, copia dei suoi archetipi, è letteratura» - difatti: Biddy Doran, la gallina recuperatrice, e pure psicopompa: «lead kindly fowl!», 112, «looked at literature». «Easily freudened» (115) possiamo rallegrarci di avere trovato un punto stabile di riferimento nella coppia dei termini, convertibili, letter/litter? L'uso - enunciato da Lacan stesso dell'equivoco «d'une lettre à une ordure»18 - va accompagnato da salutare diffidenza, e soprattutto dalla persuasione di una incompletezza, nel senso che l'orecchio ancora spia qualcosa che deve venire a depositarsi nella catena sonora... Si annuncia con una variante fonica prevedibile, «literal» (109). Letter I litter I literal e infine / littoral /. LITTORAL è il 109

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