Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

tera» non basta più, occorre integrarla con una lettura che non saprei provvisoriamente definire altrimenti che topologica. Il testo, in una specie di produzione di sintomi, emette di continuo autodefinizioni -«on akkant of his joyicity». In che senso, o sensi, conduce «A collideorscape» (143)? Si badi che è una risposta alla domanda sulla visione o significazione globale di Finnegans Wake. Non è sufficiente scomporre e ricomporre le diverse cellule lessicali che vi concorrono, e i sèmi che vi si ordinano: to collidelto escape (escape)!corridor/scope/to hide!or - anche solo restando nell'area inglese, cosa sostanzialmente illegittima, visto che «è impossibile dire quale sia la lingua di cui Joyce si serva»15 • Non è nell'idea dello «scontro», né in quella della «fuga» o del loro concorso attraverso l'ambiguità disgiuntiva/elencativa dell'«or», che può collocarsi la chiave di lettura; piuttosto nel dinamizzarsi di tutte queste occorrenze, nel defluire attraverso un canale di energia, un corridoio (corridor) sonoro che ridisegna il grafo. Iscrizione del trauma? L'altra autodefinizione, «traumscrapt» (623), che non a caso emerge nelle ultime pagine e proprio riaprendo la questione della lettera («And watch would the letter you're wanting be coming may be... Every letter is hard but yours sure is the hardest crux ever...») non vale semplicemente «trascrizione del trauma», «messa del trauma per scritto», piuttosto, direi, «scritto nella forma del trauma» -se poi in «scrapt» = «to scrape» non si contenga l'atto del raschiare, del cavar frammenti (scraps) fuori dal mucchio razzolandoci, deferibile immediatamente alla gallina Belinda. (Questione delle voci, della endo/esofonia: è l'udito - ciò che viene sentito raccontare, ciò che si coglie dei discorsi e dei rumori - che, secondo Freud, fa da strada primaria al trauma.) 107

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