Il piccolo Hans - anno XVI - n. 64 - inverno 1989-1990

La lettura di Joyce come perenne transito Sofia, nel dialogo primo di Spaccio de la bestia trionfante (1584) di Giordano Bruno, afferma che ogni diletto non consiste che «in certo transito, cammino e moto. Atteso che fastidioso e triste è il stato de la fame; dispiacevole e grave è il stato della sazietà: ma quello che ne deletta, è il moto da l'uno a l'altro. Il stato del venereo ardore ne tormenta, il stato dell'isfogata libidine ne contrista; ma quel che ne appaga, è il transito da l'uno stato a l'altro». L'entrata nel macro-testo joyciano è libera, si può iniziare, in discesa, da Finnegans Wake, esplorando à rebours la sua produzione, o introdursi disciplinatamente, in salita, da Dubliners, in ogni caso il divieto di uscita ci vincolerà a una fruizione in sé incompiuta. La prima osservazione per un lettore in transito è che lo stile joyciano non è mai «espressivo», non traduce l'espandersi dell'immaginazione dell'autore; si tratta di un polistilismo mediato e connotativo, ipermimetico, mutevole secondo la cangiante interiorità dei personaggi e/o del contesto tematico; in ogni frammento lo stile tende a orientare verso la totalità non finita e inesauribile del testo. Il lavoro di riscrittura mentale richiesto dal lettore aumenta da libro a libro, in quanto, a partire da Dubli10

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