Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

cità è legata ai movimenti di tutti gli organismi viventi: più si torna indietro nella scala evolutiva, maggiore è la periodicità. Ancora inevitabilmente ne scaturisce questo corollario: «L'iterazione è l'immobilità del movimento. Le strutture ripetitive, a tutti i livelli dell'opera letteraria, sono forme derivate dalla pulsione di morte postulata da Freud»53. Si badi: il ritmo di sequenze ripetitive non è la pulsione; è bensì il riflesso di un fantasma inconscio di reinfetazione (idest di stasi oceanina) corrispondente all'ipotesi freudiana della quasi mitica lotta di Thanatos contro Eros. Nell'economia del mio discorso, penso che sia quasi superfluo sottolineare la mia completa identificazione con le teorie qui classificate come sesta e settima categoria. Penso che si possa fare ancora qualche passo in avanti riformulando meglio alcuni punti salienti. Partendo, per esempio, dal recente contributo di Benoit de Cornulier, secondo il quale il ritmo poetico consiste nell' «attitudine delle sequenze linguistiche a prestarsi, più o meno naturalmente, ad una o più interpretazioni ritmiche, a lasciarsi scandire»54 . Non solo qui l'accento batte sulla poli-ritmia (che è una sorta di correlato della poli-isotopia: più percorsi ritmici possibili nelle sequenze), - aspetto a noi tutti ben noto, attraverso l'acume continiano, quale «esecuzione mentale» - ma viene posta in rilievo la notevole passività del flusso e la sua docilità («prestarsi», «lasciarsi fare») a essere segmentato, strutturato, in un continuo farsi e disfarsi della Gestalt (che è poi il senso etimologico originario, come s'è visto, di rhythmos). Si potrebbe quindi porre il problema in termini di unità «continue» e di unità «discrete». Ora, se, come è stato detto recentemente, la qualità profonda e irriducibile della pulsione è il suo Drang (la continuità dell'impulso, della spinta), è anche vero che la «richiesta pulsionale» e la sua soddisfazione devono venire a patti con il principio di 84

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