cipi, mostrandone la perfetta tenuta: «Le forme situate in posizioni equivalenti sono in ogni caso semanticamente equivalenti»37 , il che coincide anche con la tesi di fondo di Samuel Levin nel suo studio sulle strutture linguistiche in poesia. Non da tutti viene accettata la conseguenza, ma essa s'impone - come direbbe Jakobson - inevitabilmente. Si tratta appunto della relazione fra suono e senso nel linguaggio poetico, in cui non vi è tanto, come diceva Valéry, prolungata esitazione, bensì reciproca motivazione, mutuo rinforzo. «La corrispondenza fra significante e significato si organizza a due livelli: a quello della sintassi, in cui viene a crearsi un'analogia fra il ritmo e il movimento delle idee e delle emozioni; a quello delle parole, nelle quali può realizzarsi un'analogia fra senso e sostanza fonica»38 • Lotman (1970), con l'espressione «isometrismo di parole», intende proprio questo: l'avvicinamento di sensi lontani: «Le parole risultano equivalenti solo in forza del loro isometrismo»39 • Una convalida Lotman la vede nello studio delle varianti: se in prosa si danno varianti sinonimiche, in poesia si danno tendenzialmente varianti eterosemiche purché isoritmiche. . Kibédi Varga (1977), studiando i ritmi dell'accento, del suono e della parola nel discorso poetico, non può che sottoscrivere: l'armonia imitativa è l'orizzonte ultimo entro cui si svolge la ricerca del senso nel suono40 • Pazzaglia (1972), nell'ambito di una persuasiva ricerca sul metro e sul ritmo, porta altri utili dati a conforto. Accogliendo la fondamentale distinzione di Halle, secondo cui il metro consiste in uno «schema sequenziale di unità astratte» e il ritmo in «concrete sequenze di parole, sillabe, suoni, che costituiscono il verso», egli afferma che «sincronia e diacronia sono compresenti nella nostra esperienza del ritmo, che potrebbe anche essere definito come un progetto sincronico imposto all'esperienza diacronica, un ritrovarsi della prima nella seconda, della 80
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==