Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

mente le prime rudimentali abitazioni e i primi tratti ritmici incisi su pietra. A partire dal Paleolitico superiore, l'articolazione dello spazio-tempo avviene attraverso quei simboli di cui fa parte il linguaggio. Natura e cultura sono campi strettamente interpenetrati: non c'è soluzione di continuità nel passaggio dal ritmo delle stagioni, dei giorni e delle distanze a una ritmicità regolata dalla misurazione convenzionale del tempo e dello spazio. Stelle, stagioni, giorni; la marcia e il battito del cuore; gestualità, emissioni di voce, segni grafici iterativi; binomi mano-utensile-grafia e viso-linguaggio: è un complesso reticolo da cui è impossibile cogliere il particolare staccato dal suo complesso contesto. Pare molto probabile al1'autore che le arcaiche testimonianze dei simboli grafici iterativi significhino ad un tempo «il ritmo delle parole» e «il ritmo essenziale della vita animale, quello del cuore»24_ Arduo è render conto degli studi e delle risultanze ampiamente interdisciplinari di Fraisse, consegnati ad una schiera di contributi che non sarebbe azzardato definire monumentale (1956-1974). Al tornante del nostro secolo, l'enorme massa eterogenea dei ricercatori sembra concordare in un punto: il ritmo è un dato unitario che comprende tre inscindibili aspetti: quello percettivo, quello motorio e quello affettivo. Da un punto di vista biologico, l'interazione o anche la semplice compresenza di ritmi è di una tale complessità che ci si dovrebbe meravigliare non della presenza del ritmo ma della sua eventuale assenza: come diceva Thomas Browne in Religio medici, «non c'è uomo che non produca un'armonia». La biologia studia essenzialmente il ritmo nella sua «periodicità»: «Un ritmo biologico può essere sempre descritto come un sistema oscillante nel quale eventi identici si producono ad intervalli di tempo sensibilmente uguali»25 . Ma spostandosi nell'antropologico, Fraisse non pare disposto ad una validazione in blocco della posizione di Leroi-Gour75

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