della parola. Ora, a parte l'evidente contraddizione (il mare non scorre), Benveniste risale ai più arcaici occorrimenti di «rhythmos»: in Democrito, _esso si apparenta a «schema» (forma), in quanto «forma distintiva» delle parti rispetto al tutto. Erodoto e Leucippo usano «rhythmos» nel caso della «forma distintiva delle lettere». Nei lirici del VII sec. (Archiloco; Anacreonte, Teognidè), la parola si riferisce a «forma del carattere», mentre in Sofocle «si dà forma» al dolore (forma della· manifestazione). Dunque: l'etimologia ci rimanda ad una configurazione, ad una Gestalt, con questa precisazione: mentre «schema» indica «forma» in un contesto fisso, posto come oggetto, «rhythmos» indica «forma» in un contesto di fluidità. L'ultima parola spetta sempre al genio platonico: nel Filebo (17 d), si distinguono »ritmi» e «metri» (misure); «Il ritmo risulta dal rapido e dal lento» (Convito, 187 b); «L'ordine nel movimento ha ricevuto precisamente il nome di ritmo» (Leggi, 665 a)21 • È difficile sottrarsi alla grande suggestione della ricerca antropologica e paleontologica di un maestro come Leroi-Gourhan (1965). Ma non si tratta solo di suggestione: egli comprova dei dati dai quali è difficile prescindere per una corretta teoria del ritmo poetico. «I ritmi creano lo spazio e il tempo: spazio e tempo non sono vissuti se non in forma ritmica»22 • Da questo indiscutibile orizzonte esistenziale procede la sua elaborazione dei dati. All'origine del ritmo culturale c'è la percussione ritmica (primi stadi dell'umanità); così, le aurorali tecniche di fabbricazione fanno riferimento ad un «ambiente di ritmi, ad un tempo muscolari, visivi e uditivi, derivanti dalla ripetizione di gesti d'urto»23 . Il ritmo del braccio è delegato alla cultura delle forme, U ritmo del camminare è delegato all'articolazione di uno spazio più socializzante. Ha dell'eccezionale la scoperta che, prima della comparsa dell'Australantropo, gli ultimi Paleantropi (fine del Musteriano, 50000-30000 a.C.) abbiano elaborato contemporanea74
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