Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

Hans, è il ruscello di Darwin. Il movimento dell'inanimato è assunto dall'animale, trait-d'union tra il soggetto e le cose, e scalpita, come il cavallo di Hans, e muggisce, come la mucca di Darwin. È causa di fobia, e questa, primaria, strutturale, creatrice di confini e di sistemi di irrigazione, di canalizzazioni e di tubi, di viadotti e di solchi, permette di trovare, nel tratto di terra, alla guisa degli antichi conquistatori, il proprio nome. È un nome dimidiato, perché metà spetta al padre, riiente è totalmente dominabile, né l'animale, né la minaccia del godimento paterno. Lo spargimento di semi a coprire la terra di fratelli con cui lottare, gli infiniti calci di rigore andati in porta, la confusione che lo psicotico razionalizza sul campo di calcio, rimane a far parte della verità. Ma i due culmini della vita sessuale, che anche Freud ha scandito nell'inizio in due tempi, tendono, di fronte ai primi interrogativi a quattro anni e sul limite della maturità genitale a quattordici, a ristabilire le due vette, le due torri, le due cime del Vesuvio e del Monte Cicala, che dialogano tra loro nel linguaggio delle teorie sessuali infantili. Inamovibili dall'inconscio, come le ha poste Freud, segnano, a partire dal vuoto di sapere su cui vibra l'angoscia, l'awio dell'istinto di ricerca. Vediamo allora. Non Melanie Klein, che spinge sotto la superficie, lavorabile, disegnabile, tracciabile, verso l'interno della madre come luogo della conoscenza possibile. Non il suo «penetrating eye» che si pone di fronte a un pieno di conoscenza, giacché la genitalità è tutta spiegabile. Ma qui viene in aiuto la poesia che Winnicott evoca all'inizio del suo saggio. I poeti l'hanno già detto, io devo affrontarlo. Ha poco a che vedere con le atmosfere di « una stanza per due», così mi sembra si intitolasse uno scritto pubblicato dalla «Rivista di psicoanalisi», o con le sensazioni che -fluttuerebbero sopra una seduta, così suggestivamente come le 7

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