Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

Sull'ontogenesi del ritmo È chiaro che l'azione del bambino che ciuccia è determinata dalla ricerca di un piacere già provato e ora ricordato. Succhiando ritmicamente una parte della pelle o di una mucqsa, egli trova il soddisfacimento. E facile indovinare in quali occasioni il bambino abbia fatto le prime esperienze di questo piacere, che ora egli desidera rinnovare. (S. Freud) "Basta", dice il padre, e così introduce il bambino in un ritmo simbolico. (S. Resnik) Non v'è dubbio che l'esperienza primaria del ritmo sia quella del feto cullato dal rumore di fondo del flusso sanguigno ed assai più dall'incessante scansione del battito cardiaco della madre. Lo studio del ritmo, nelle sue applicazioni nelle cosiddette arti temporali e particolarmente nel linguaggio poetico, mentre non può prescindere da questa fondamentale esperienza «naturale», deve certo superarla o integrarla nel momento stesso in cui si applica a considerare oggetti «culturali». Anche le sempreverdi vedute di Ferenczi indicano come le continue attualizzazioni della «regressione thalassale» operino nei modi di una cadenza ipnotica, - proiettandosi la realtà filogenetica in quella ontogenetica. Non solo: l'originaria esperienza ritmico-sfinterica dell'inghiottire, del trattenere e dell'espellere è il solco su cui insorgono poi le prime dinamiche introiettive e proiettive'. · Ma ritorniamo al dato di partenza. Che cos'è, cosa significa il ritmo? E il ritmo, in modo particolare, relativo alle strutture del poetico? Non è facile orientarsi nella selva della letteratura critica in proposito, già cospicua, per la qualità dei contributi, fra la fine dell'Ottocento e il primo Novecento: da Sterne (1900) a Koffka (1909), da 67

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