Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

nella singola opera d'arte: ciò che di questa interessa non è ciò che l'accomuna ad altre opere d'arte, ossia il referente coinemico, ma all'opposto ciò che la differenzia, lo scarto. Rimane così il dubbio «se l'analisi coinemica sia veramente in grado di dirci qualcosa di specifico intorno alla novità che fa di una produzione di segni la produzione di segni artistici» (p. XXVIII) o piuttosto non convenga «rileggere anche il coinema non come significato tout court ma come modalità di funzionamento e di organizzazione del testo cosciente» (p. XVII). Conclusioni? Non ancora: il contributo qui fornito voleva essere solo l'istante dello sguardo gettato su un problema delicato, che potrebbe decidere della sopravvivenza scientifica della psicoanalisi e del suo futuro in Italia; ma spero possa costruire, nello svolgimento di alcuni spunti critici, un tempo (il sesto?) per comprendere. Marcello W. Bruno 66

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