Prendiamo il segno «madre»: il lessema e il coinema «madre» hanno in comune i semi nucleari «generatività +femminilità»; quali sono le differenze in termini classematici? Dipende dai contesti: nelle occorrenze sememiche «la madre di Schopenhauer», «l'imbeccata della madre», «la madrevite» i contesti comportano rispettivamente i classemi «umano», «animale», «inanimato»; ma nel contesto «la madre di Edipo» il semema «madre» potrà sottendere un coinema, costituito dalla figura nucleare «generatività+femminilità» più la base classematica «sessualità+desiderio+incesto+senso di colpa», nel quale gli ultimi semi (quelli "contestuali") atterrebbero al conflitto edipico (p. 117). L'esempio è decisamente deludente: che «madre» abbia una referenza edipica nell'espressione «madre di Edipo» non è faccenda che abbisogni di una teoria coinemica, che semmai dovrebbe entrare in funzione per mostrare come la stessa espressione (es. «la madrevite») possa avere una doppia referenza, linguistica e coinemica, avendo classemi differenti (classemi linguistici previsti dal modello semantico, classemi coinemici previsti dal modello psicoanalitico). Ma la cosa buffa è che Fornari, nell'introduzione, equivoca completamente il tentativo dell'allievo: secondo lui «Quintavalle afferma che tutte e tre le occorrenze sememiche [«la madre di Schopenhauer» ecc.] possono essere ricondotte al coinema madre, come figura nucleare alla quale si aggiungerebbero le basi classematiche» (p. 8) mentre Quintavalle dice tutt'altro, e cioè che coinema e lessema possono essere ricondotti entrambi ad un unico nucleo semico, salvo differenziarsi tramite semi contestuali; l'avviso successivo, che coinema:l=classema, deriva ovviamente dallo stesso equivoco (viene il sospetto che Fornari confonda "classema" con "classe"). A parte questo, resta il problema dell'inadeguatezza del modello: mentre la semiotica fornisce un preciso elenco delle selezioni contestuali/circostanziali che guidano il percorso del senso (si 57
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