Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

tre ciò che emerge al processo secondario è soltanto il segno, costituito dal significante e dal significato codificato» (p. 112). Ne consegue che il coinema non è veicolato dal significante ma piuttosto dal significato, , dando luogo a una funzione segnica complessa: significante-su-significato su coinema; l'A. ammette che «è facile, mediante un lieve movimento rotatorio, la sintonizzazione di questo algoritmo con la rappresentazione hjelmsleviana della connotazione: (ERC)RC» (p. 105, nota 71). Riassumendo brutalmente: il coinema esiste solo nella semiosi, quindi ha a che fare col segno, o meglio col significato ("lessema" nella terminologia greimasiana); il coinema però non può coincidere col significato, altrimenti o non ci sarebbe inconscio o non ci sarebbe codice linguistico. Il coinema, dunque, deve avere degli elementi in comune col lessema e degli elementi in opposizione col lessema del segno corrispondente. La soluzione di Quintavalle è quella di ridefinire il coinema come fascio semico ("sema", nella Semantica strutturale di Greimas, è un componente semantico minimo): «in questa prospettiva il coinema non si presenta più come una cifra collegata al lessema da una relazione costante, ma come un fascio di semi manifestati di volta in volta nel discorso dai relativi sememi» (p. 115; "semema" è l'effetto di senso collegato ad una determinata contestualizzazione del lessema). Ciò che il lessema e il coinema hanno in comune - ed eccoci finalmente al punto nodale - sono i semi nucleari (nucleo semico, minimo semico permanente); ciò che differenzia lessema e coinema l'uno dall'altro sono i semi contestuali (base classematica, "classemi" afferenti al semema dalla classe dei contesti). Precisiamo che il "contesto", in sede coinoanalitica, è «tutto l'insieme degli elementi significativi appartenenti alla vita di una persona» (p. 41); vedremo fra breve come proprio nel "contesto" rispunti il fantasma laconico del Significante. 56

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